L’Europa da cambiare
“La costruzione dell’Europa compie tre errori che oggi si stanno rivelando pericolosissimi.
Primo errore. Nell’esigenza storica di contrapporsi al comunismo l’Europa non si emancipa del tutto, dal punto di vista del metodo, dal grande male del Novecento: lo statalismo. Non più quello feroce e pervicace di modello hitleriano e comunista, ma quella dello Stato delle socialdemocrazie nord europee: lo Stato che ti segue “dalla culla alla tomba”, in cui comunque il meccanismo del welfare è piegato alla logica e al credo della rendita politica.
Secondo errore. La grande idea dei Padri fondatori dell’Europa era di un’Europa che si occupa di pochissime cose. Per De Gasperi, è un’istituzione che ha la responsabilità della politica estera, che avrebbe quindi una ragione per proporre il proprio punto di vista sulle vicende internazionali. Oggi su questo punto l’Europa è ancora a metà del guado, mentre, per contro, dagli anni Settanta ha cominciato ad occuparsi di troppe cose, dando vita all’Eurocrazia che tutti mal sopportiamo.
Terzo errore. Il dibattito contemporaneo sul contenuto e sulla plausibilità del mandato di cattura europeo, mostra quanto poco si è fatto per armonizzare sistemi e tradizioni giuridiche differenti e per fondare un esercizio sussidiario della giustizia, in cui vengono definiti diversi gradi della giurisdizione.
Il Parlamento europeo si è intrattenuto a lungo sul diametro delle albicocche e di tutta una serie di produzioni agricole, ha fatto norme per stabilire che la camicia da notte può essere usata anche di giorno o l’altezza da terra della targa posteriore di un rimorchio. Il processo di armonizzazione di pesi, misure, elementi e fattori che contraddistinguono la vita civile ed economica dei nostri Paesi, è importante, ma perché a un certo punto, abbiamo scelto di privilegiare questo tipo di attività anziché rimanere sull’essenziale?”